La storia

Ultima modifica 28 marzo 2024

palestrina

All'interno del territorio dell'antico Latium, la zona, cioè, compresa tra il Tevere a Nord, i Monti Lepini a Sud, il mare ad Ovest ed i monti Preappenninici ad Est, la città di Palestrina, il cui nome latino era Praeneste, occupa una posizione strategica di notevole importanza: dall'alto del monte Ginestro, alla cui sommità era l'acropoli (l'attuale Castel San Pietro Romano), cinta di potenti mura, la città poteva controllare la valle del Sacco, punto nodale per le comunicazioni tra l'Etruria e la Campania, regione nella quale gli etruschi avevano ricchi insediamenti. Ma anche una delle più importanti vie di comunicazione tra l'Appennino ed il Tirreno ricadeva sotto il controllo di Praeneste, vale a dire il percorso che, attraversando il territorio di Tivoli, sbucava ad Anzio.
I prenestini fecero fruttare, nel corso della loro storia, questa rendita di posizione nel migliore dei modi, come testimoniano i monumenti ed i pregevoli reperti rinvenuti in città e nel territorio. Antichi miti attribuiscono la fondazione della città a personaggi diversi. Le origini di Praeneste vennero ricondotte ora a Prainestos, figlio di re Latino e nipote di Ulisse, ora a Telegono, figlio dello stesso Ulisse e di Circe, o ancora a Caeculus, figlio del dio Vulcano. L'indagine archeologica, invece, ancora le prime fasi di occupazione dell'area di Palestrina al cosiddetto "secondo periodo laziale", verso la fine dell'VIII secolo a.C., epoca alla quale riconducono i pochi oggetti di corredo, rinvenuti in sporadiche sepolture a incinerazione scavate ai margini dell'antica via Prenestina.Questi pochi dati hanno comunque permesso di ipotizzare l'esistenza di un abitato protostorico, la cui esatta localizzazione è ancora incerta, che era forse strutturato in comunità sparse in diversi villaggi, secondo un sistema diffuso nel Lazio dell'epoca. Anche per il periodo immediatamente successivo, la cosiddetta epoca "orientalizzante", (fine VIII-fine VII secolo a.C.) sono le città dei morti, le necropoli, ad informarci sulla città dei vivi. La continuità di vita, che si è sviluppata per 2800 anni sul sito che oggi chiamiamo Palestrina, ha distrutto, infatti, le tracce più antiche e labili del passato, lasciando, curiosamente, solo le sepolture e i loro corredi. Nel VII secolo a.C., dunque, Praeneste comincia a sfruttare la sua rendita di posizione, la centralità della città nel sistema di scambi dell'epoca è testimoniata proprio dai ricchi corredi delle tombe, i cui preziosi oggetti dimostrano contatti e scambi con tutte le popolazioni del Mediterraneo, in particolare, con gli Etruschi.
Tra VII e VI sec. e fino alla metà del V sec. a.C. Praeneste intrattiene rapporti particolarmente intensi anche con il mondo italico, nello specifico con i popoli del retroterra appenninico e con il Piceno: lo dimostrano i rinvenimenti sia di alcuni caratteristici oggetti di ornamento femminile, che tipici elementi dell'armamento del guerriero, come i dischi-corazza bronzei, importati da queste zone o addirittura prodotti a Palestrina su modelli provenienti da quelle aree. Le prime notizie tramandate dagli autori antichi risalgono solo all'inizio dell'epoca repubblicana, quando se ne ricordano i rapporti con la lega latina. Purtroppo a questo proposito le nostre fonti non sono concordi: secondo lo storico romano Tito Livio, Praeneste abbandonò la lega nel 499, mentre secondo l'autore greco Dionigi di Alicarnasso, la città ne faceva ancora parte ancora nel 498 a. C. Praeneste intraprende frequenti lotte con Roma, già nel 380 a.C., il comandante romano Cincinnato la conquista, portando a Roma, come bottino di guerra, la statua di Giove Vincitore, che dedicò sul Campidoglio. Seguirono altre rivolte che portarono la città ad allearsi dapprima con i Galli nel 358 a.C. in funzione antiromana, e a partecipare alla guerra latina, con la conclusione della quale, nel 338, finì per essere definitivamente sottomessa da Roma. Praeneste venne così privata di una parte del suo territorio e perse sensibilmente di importanza, tanto che anche le fonti letterarie sulla città diventano da questo momento più esigue. Sappiamo soltanto che durante la seconda guerra punica un pretore prenestino, M.Anicio, si distinse nella strenua difesa di Casilinum contro l'avanzata di Annibale, e che dopo la conclusione di questa guerra la città divenne luogo di confino per i prigionieri.
Questa consistente disponibilità i capitali determinarò la realizzazione di nuove costruzioni o la ricostruzione in forme monumentali degli edifici principali, fino a trasformare profondamente l'aspetto urbano. Il più imponente di questi interventi edilizi è rappresentato dal complesso del santuario della Fortuna Primigenia ricostruito nelle grandiosi forme ellenistiche oggi ancora parzialmente visibili.
Sappiamo dalle fonti che, all'inizio del I secolo a.C., dopo la guerra sociale, la città ottenne la cittadinanza romana, trasformandosi in municipio, e che durante la guerra civile tra Mario e Silla parteggiò per il primo. Un suggestivo brano di Appiano racconta le vicende di Praeneste durante questi anni, quando in essa trovò rifugio il figlio di Mario, Mario il Giovane, dopo la sconfitta di Sacriportum (82 a.C.). La storia di Palestrina durante l'età imperiale ci è meno nota, ma a giudicare sia dalle iscrizioni, sia dai resti di edifici, che dai reperti, anche di notevole livello artistico, che ci sono pervenuti, si può ricostruire una situazione di discreta prosperità, anche se non confrontabile con gli splendori dell'età repubblicana. In età augustea i monumenti e i reperti archeologici segnalano comunque una certa ripresa ed una discreta floridezza della città e dalle fonti conosciamo anche una relativa attenzione per Praeneste da parte delle famiglie imperiali. Tiberio vi possedette una residenza, nella quale tra l'altro guarì da una grave malattia, tanto che per dimostrare la sua gratitudine, conferì alla città la condizione di municipio. Anche l'imperatore Adriano vi possedette una villa, sicuramente identificabile con i resti di strutture antiche venuti in luce al di sotto del cimitero moderno. In età costantiniana Praeneste diviene sede vescovile e quando, tra il 380 ed il 392, gli editti di Teodosio vietano i culti pagani, anche la venerazione della Fortuna, come è ovvio, ne risente in maniera decisiva. E che questa fosse ancora viva nel 391 lo dimostra l'omaggio alla dea porto dal senatore pagano Simmaco.
Comincia così, con la tarda antichità, quell'occupazione del santuario da parte di case private che, da un lato, ne condizionerà l'aspetto, dall'altro risulterà decisiva per la conservazione del monumento. Le fonti per la storia della città nel Medio Evo sono scarse, sappiamo che essa entrò, con la donazione di Sutri del 728, a far parte del Ducato Romano, e che, nel 752 fu, per qualche tempo, occupata dai longobardi di Astolfo. Il nome moderno "Palestrina" appare, per la prima volta, in un codice dell'Abbazia di Farfa databile all'873. Circa un secolo più tardi, l'intera civitas praenestina, da Zagarolo a Subiaco, venne ceduta da Papa Giovanni XIII a Stefania, moglie di Alberico II di Tuscolo e, da questi, per una serie di meccanismi ereditari, passò, nel 1043 ai Colonna. Fu così che Palestrina entrò a prendere parte alle lotte di questo casato con il Soglio Pontificio. Gregorio VII, infatti, contestò la legittimità del passaggio della città al feudo Colonna, provocando la reazione di Pietro Colonna, che appoggiò l'antipapa Ugone Candido, costituendo nel territorio prenestino una vera e propria chiesa scismatica. Palestrina era ancora in possesso dei Colonna quando questi si opposero all'elezione di papa Bonifacio VIII, che indice addirittura, nel 1297, una crociata contro la città, presa e "distrutta". La città sarà poi, intorno al 1337, oggetto delle cure riparatrici di Stefano Colonna, che vi ospitò il Petrarca. Tra il 1347 ed il 1354 Palestrina resta roccaforte dei Colonna contro Cola di Rienzo, ospitando prima la partenza delle truppe che tentarono l'assedio a porta S. Lorenzo, poi essendo essa stessa assediata dal tribuno. Sempre in feudo Colonna, la città partecipa alle lotte "ghibelline" contro il papato, che la porteranno a subire la cosiddetta "terza distruzione", nel 1437, ad opera del cardinale Giovanni Vitelleschi, dopo la fuga di Lorenzo Colonna. I Colonna saranno reintegrati nelle loro proprietà circa dieci anni più tardi, e rimarranno signori della città fino al XVII secolo, nonostante le temporanee occupazioni da parte dei Borgia (1503) e del duca d'Alba (1553). Intanto, nel 1525, nasceva Pierluigi da Palestrina, padre della musica polifonica. Nel 1630 Francesco Colonna cedette, per 775.000 scudi, il feudo a Carlo Barberini, fratello di papa Urbano VIII. I Barberini sono responsabili della risistemazione urbanistica che diede alla città la sua fisionomia attuale, oltre che della ricostruzione del palazzo baronale (nel 1640) già costruito dai Colonna nella zona superiore dell'antico santuario della Fortuna.
Il XVIII secolo vide un forte sviluppo agricolo del territorio e, contemporaneamente, numerosi passaggi di truppe: tedesche (1701; 1711); spagnole (1734; 1736); napoletane (1799); francesi (1802): inoltre, nel 1745 viene scoperta la "cista ficoroni"; nel 1774 si scoprono i fasti prenestini di Verrio Flacco e, nel 1793, la statua di Antinoo nella villa di Adriano.
Nel secolo successivo Palestrina segue le vicende Romane e, nel 1849, ospita il quartier generale dei garibaldini della seconda Repubblica Romana. Nel 1895 e nel 1897 soggiornano a Palestrina i fratelli Mann.
La storia recentissima è segnata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale che, oltre a causare morte e distruzione, consentirono, però, la scoperta delle strutture del santuario, grandiose forme ellenistiche oggi ancora parzialmente visibili.


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